Ordinanze-ingiunzioni INPS: sanzioni da rideterminare

In questi mesi, sono molti i datori di lavoro che hanno ricevuto dall’I.N.P.S. le ordinanze-ingiunzioni per omesso versamento delle ritenute previdenziali – nei casi di importi inferiori a 10.000 euro – contenenti l’ordine di pagamento entro il breve e perentorio termine di 30 giorni dalla notifica.

Sanzioni salatissime, quelle emesse dall’Istituto previdenziale, anche a fronte di irregolarità di poche decine di euro e, spesso, riferite a contributi risalenti a periodi lontanissimi (anche del 2010).

In sintesi, la norma prevede che il datore di lavoro che non versa le ritenute a carico dei lavoratori è punito in base al comma 6, dell’art. 3, del D.lgs. 8/2016. Tale norma, nel depenalizzare in parte il comportamento del datore di lavoro, ha previsto che per l’omesso versamento delle ritenute per importi non superiori ad euro 10.000, è stabilita una sanzione amministrativa pecuniaria, compresa tra il minimo edittale di euro 10.000 e il massimo di euro 50.000.

L’applicazione letterale della norma, che ha predeterminato in via presuntiva il danno subito dall’Ente previdenziale escludendo la rilevanza di qualsiasi altro elemento che concorra a cagionare quel danno, costituito certamente (ma non solo) dall’entità dell’inadempimento contributivo, ha portato a irrogare sanzioni sproporzionate e inique, generando un’elevatissima quantità di contenziosi. Come proprio accaduto ad un nostro cliente che, a fronte di un debito contributo complessivo pari a 1000 euro, si è visto irrogare tre diverse ordinanze ingiunzioni per un totale di 68 mila euro, in spregio a qualsivoglia principio di proporzionalità, equità e giustizia e senza tenere conto del fatto che spesso l’Ente non ha applicato il criterio del cumulo giuridico (vale a dire l’applicazione di un’unica pena nel caso di più violazioni dello stesso tipo).

L’irrogazione di tali sanzioni ha generato un elevatissimo numero di contenziosi, costringendo l’I.N.P.S. ad intervenire con il messaggio n. 3516/2022 (qui in allegato), con il quale è stato previsto un diverso regime sanzionatorio a seconda che la violazione sia commessa ante post 2016.

Infatti, l’Ente ha stabilito che per le violazioni commesse fino al 2015, i datori di lavoro potranno versare la metà della sanzione (e cioè un importo pari a 5.000 euro), se tale importo è più favorevole rispetto a quello previsto dall’art. 16 della L. 689/1981 (cioè 16.666 euro, un terzo della sanzione amministrativa), in applicazione del principio generale in forza del quale la legge – quando si applica retroattivamente – non può essere peggiorativa.

Cosa succede, dunque, alle ordinanze già emesse? Gli Avvocati dell’I.N.P.S. hanno dato ordine agli uffici territoriali, ove non vi abbiano già provveduto, di rideterminare l’importo delle sanzioni secondo i nuovi parametri, emettendo nuovi provvedimenti sanzionatori sostitutivi dei precedenti. Per tutti i casi in cui penda già un giudizio davanti al Giudice del Lavoro, l’I.N.P.S. darà la possibilità di pagare la somma ridotta nei 60 giorni prima dell’udienza (se non ancora svolta) o dall’udienza di trattazione (se già fissata), con totale compensazione delle spese di lite.

E per le sanzioni successive al 2016, cosa succede? Per esse, l’I.N.P.S., ha chiarito che vale la disciplina generale (art. 16, L. 689/1981), sebbene – a detta dei suoi stessi uffici legali – si adopererà per far sì che la sanzione resti contenuta entro la cornice sanzionatoria dei 10.000 euro.

Un passo avanti quello compiuto dall’I.N.P.S., che non può tuttavia bastare. Viene lecito chiedersi chi ripagherà le aziende dal danno nel frattempo subìto a causa di procedure esecutive già avviate o dal mancato rilascio di D.U.R.C.

Chiunque abbia ricevuto l’ordinanza – ingiunzione INPS avrà notato come via sia una sproporzione

Non v’è dubbio come le sanzioni così quantificate dall’I.N.P.S. risultano arbitrarie e irragionevoli perché, pur avendo la funzione di risarcire, in misura predeterminata dalla legge, con una presunzione iuris et de iure il danno cagionato

all’I.N.P.S., sono state stabilite con un criterio privo di riferimento all’entità di tale danno.
La conseguenza è che a fronte di un debito contributivo pari o superiore a euro 5,17 (limite al di sotto del quale non si dà corso ad azioni di recupero nei confronti delle aziende inadempienti), il legislatore autorizza l’ente previdenziale ad irrogare una sanzione “minima” pari a 10.000 euro.

Ma non solo. Le ordinanze-ingiunzioni formulate dall’I.N.P.S. sono prive di quel requisito motivazionale minimo, posto che nessuna menzione viene fatta alla tipologia di contributi che si assumono non essere stati corrisposti, né alle mensilità cui la condotta omissiva si riferirebbe, né all’entità nominale delle omissioni né, ancora, alle posizioni lavorative interessate. L’I.N.P.S. non ha specificato neppure i criteri seguiti per individuare l’ammontare della sanzione irrogata entro il range edittale che va dai 10.000 ai 50.000 euro.

tra le somme presuntivamente non versate e la sanzione.

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La Società tra Avvocati “LO VOI & BGF” nasce dall’esperienza, ormai trentennale, dello Studio Legale dell’Avv. Fernando Lo Voi. Una evoluzione necessaria per potere cogliere le sfide che la trasformazione, già in corso, del mercato dei servizi legali sta imponendo.

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