Accertamento in sede giudiziale della società di fatto: quando gli accordi amicali non funzionano più

A chi non è mai accaduto di condividere una visione, un’idea imprenditoriale, con un parente o un amico che insieme a noi e come noi sogna di realizzare quel progetto importante, che sia un’attività commerciale, una professionale o di servizi?

I più caparbi e i più bravi, alla fine, riusciranno pure a realizzare il sogno condiviso e i più fortunati godranno del successo ottenuto, vivendo sempre in pace con gli altri soci. 

I più avveduti, certamente, disciplineranno nei minimi dettagli gli accordi con il proprio amico e socio in affari, anche per quando, magari, amici non lo si sarà più così tanto.

Spesso capita, però, che la fiducia che nutriamo nei confronti di persone care ed amate, con cui siamo pronti e sicuri di condividere gioie e patimenti di un’importante percorso di crescita professionale, ci porti a sottovalutare l’importanza di regolamentare le iniziative che siamo pronti a intraprendere insieme, nell’assoluta certezza che tutto andrà sempre bene e che nulla mai possa stroncare l’idillio iniziale e l’entusiasmo condiviso. 

È proprio in casi del genere che, a volte, molti anni dopo aver avviato il progetto comune e, magari, dopo aver tratto anche buoni profitti, ci si trova a non andare più d’accordo e, stante la mancanza di pregresse e dettagliate regolamentazioni dei rapporti sociali, a dover rivendicare in sede giudiziale la propria quota sociale.

È proprio questo ciò che è successo a un nostro assistito che, dopo aver avviato uno studio professionale insieme ad una cara amica, ha dovuto rivendicare in giudizio l’esistenza di una società di fatto esistente fra i due, ma rinnegata dall’altro socio, ed il suo conseguente diritto a riacquistare il possesso dell’immobile sede dello studio professionale e del patrimonio sociale ivi custodito.

Il Tribunale di Palermo, con ordinanza n. 690/2023, ha ritenuto fondato il ricorso presentato dai nostri avvocati, in quanto, a seguito dell’istruttoria espletata, è stata provata l’esistenza di un fondo comune, l’esercizio congiunto di un’attività economica e il vincolo di collaborazione.

Ed infatti, come riportato anche nell’ordinanza “l’esistenza di una società di fatto, nel rapporto tra i soci, non può essere desunta soltanto dalle dichiarazioni rese dalle persone coinvolte, essendo necessaria la dimostrazione, eventualmente anche con prove orali o mediante presunzioni, del patto sociale e dei suoi elementi costitutivi, quali: il fondo comune, l’esercizio congiunto di un’attività economica, l’alea comune dei guadagni e delle perdite, il vincolo di collaborazione in vista di detta attività. (Cass Civ. Ordinanza n. 19234 del 15/09/2020).

Pertanto, il Tribunale si è determinato nel senso dell’esistenza di una società di fatto fra i due allora amici, nonostante la titolarità formale dello studio professionale in capo a un solo socio e sebbene mancasse un atto costitutivo della società, ricalcando quanto già statuito dalla Corte di Cassazione nella sua ordinanza n. 8981 del 05/05/2016, con la quale si chiariva che “la mancanza della prova scritta del contratto di costituzione di una società di fatto o irregolare (non richiesta dalla legge ai fini della sua validità) non impedisce al giudice del merito l’accertamento “aliunde”, mediante ogni mezzo di prova previsto dall’ordinamento, ivi comprese le presunzioni semplici, dell’esistenza di una struttura societaria, all’esito di una rigorosa valutazione (quanto ai rapporti tra soci) del complesso delle circostanze idonee a rivelare l’esercizio in comune di una attività imprenditoriale”).

Una volta accertata l’esistenza di una società di fatto tra le parti, il Tribunale evidenziava che “Il socio di una società di fatto o irregolare, avendo, di regola, il potere di servirsi, quale amministratore della società, dei beni sociali, per i fini della società e l’esercizio dell’impresa, gode anche del compossesso di questi beni, tutelabile contro chiunque altro, ancorché socio, pretenda di appropriarsene o servirsene per fini propri, ed a maggior ragione, quindi, contro il socio receduto, che può solo pretendere la liquidazione della quota”( Cass. Civ. n. 2324 del 10/03/1994)

Il Giudice, dunque, riconoscendo il diritto del nostro assistito, spogliato del patrimonio sociale, di agire in giudizio per esercitare l’azione di reintegrazione nel possesso ex art. 1168 c.c., dichiarava la sua qualità di socio di fatto dello studio professionale e, conseguentemente, la situazione compossessoria relativa all’immobile ove era ubicato lo studio professionale e dei beni sociali, ordinando all’altro socio la reintegrazione del nostro cliente nel compossesso dell’immobile sede dello studio professionale e del patrimonio sociale ivi custodito.

Una grande vittoria per il nostro studio legale, ma soprattutto un trionfo della giustizia, a tutela dei legittimi interessi del nostro assistito.

Di seguito l’ordinanza del Tribunale di Palermo n. 690/2023.

E tu, ti sei mai trovato in una situazione simile? Cosa faresti? Il nostro studio legale è sempre disponibile a guidarti ed aiutarti nella fase contrattuale di regolamentazione dei rapporti o, nei casi patologi, a tutelare i tuoi diritti in sede giudiziale.

La Società tra Avvocati “LO VOI & BGF” nasce dall’esperienza, ormai trentennale, dello Studio Legale dell’Avv. Fernando Lo Voi. Una evoluzione necessaria per potere cogliere le sfide che la trasformazione, già in corso, del mercato dei servizi legali sta imponendo.

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