L’informazione giornalistica, si sa, ormai di questi tempi è sempre più veloce ed immediata, fornita quasi nell’immediatezza dei fatti occorsi. Grazie alle testate giornalistiche online e alle pagine social, siamo costantemente informati su tutto ciò che ci circonda e che accade, sia nel nostro piccolo centro abitato che nel luogo più sperduto e lontano della Terra. Questo ci rende, di certo, più consapevoli e “cosmopoliti”.
Capita, però, che, alle volte, siamo proprio noi i diretti interessati e protagonisti di quelle notizie che corrono veloci, di testata in testata, e che rimbalzano sulle pagine dei social network più visitati e questo, a seconda della notizia riportata, più o meno lusinghiera nei nostri confronti, può causare non pochi fastidi o imbarazzi.
D’altro canto, la cronaca giornalistica rientra a pieno titolo all’interno del diritto costituzionalmente garantito della libera manifestazione del pensiero, di certo, però, non senza limiti.
Infatti, il diritto di cronaca si scontra e va sempre, necessariamente, bilanciato con il diritto, anch’esso costituzionalmente garantito, all’onore e alla reputazione del singolo.
Dunque, i professionisti dell’informazione sanno di dover rispettare dei limiti nell’esercizio della loro professione, per non incorrere nel reato di diffamazione e in esose richieste di risarcimento del danno e, del resto, i soggetti che si trovino, a loro malgrado, protagonisti di alcuni articoli giornalistici potranno agire in giudizio efficacemente solo qualora tali limiti vengano superati.
È proprio la recentissima sentenza del Tribunale di Ancona, n. 1138/2021, che ci ricorda quali siano questi limiti e quando si ritengano superati nel caso, non certo sporadico, di un articolo di cronaca d’inchiesta.
La sentenza si rifà al cosiddetto “Decalogo del Giornalista”, secondo il quale la notizia riportata e trasposta in articolo giornalistico debba anzitutto essere vera, continente, cioè esposta con una forma che non usi toni allusivi, insinuanti, decettivi o particolarmente scandalizzati e sdegnati e, infine, pertinente, cioè che risponda a un particolare interesse pubblico alla conoscenza del fatto nel momento in cui l’articolo viene pubblicato.
Soffermandosi sul concetto di verità, ed in particolare nel caso del giornalismo d’inchiesta, la recentissima sentenza ribadisce che la verità di una notizia tratta da un provvedimento giudiziario sussiste ogni volta che l’articolo giornalistico sia fedele alle notizie riportate nel provvedimento giudiziario, non potendo richiedersi al giornalista di dimostrare la fondatezza delle decisioni giudiziarie e dovendo egli attenersi a “fotografare” i fatti giudiziari, così comerisultano dagli atti al momento della pubblicazione dell’articolo, senza dover predire o immaginare i successivi accertamenti giurisdizionali.
Se ritieni di essere stato leso nel tuo diritto all’onore e alla reputazione o se sei un professionista del giornalismo che ha ricevuto una richiesta di risarcimento per diffamazione, il nostro studio è disponibile a valutare insieme a te la fondatezza del tuo diritto e a studiare la migliore difesa processuale nel tuo interesse.